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TOTO TRACCE ATTUALITA - sessione 141, aprile 2025

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2 Mesi 3 Settimane fa - 2 Mesi 23 Ore fa #30 da roberto.rossi
TOTO TRACCE ATTUALITA - sessione 141, aprile 2025 è stato creato da roberto.rossi
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Quali tracce di ATTUALITA potrebbero uscire nella prova scritta di aprile 2025?

In questo primo messaggio raccogliamo l'elenco delle tracce.
Sotto, spazio a tutti per suggerirne di altre (che saranno integrate in questo primo post), per discutere, approfondire e proporre materiali su ciascun argomento.

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ATTENZIONE! Questa conversazione offre una serie di spunti per riflettere, ma non c'è un sistema rigoroso di controllo di ogni cosa che viene scritta. Quindi verificate e approfondite sempre ogni informazione!

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- LA CONDANNA DI MARINE LE PEN CHE LA ESCLUDE DALLA PRESIDENZIALI DEL 2027
- GIUBILEO 2025: TRA FEDE, OPERE PUBBLICHE E SFIDE POLITICHE
- LA CHIESA SALUTA PAPA FRANCESCO. L’ADDIO DEL PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO
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2 Mesi 3 Settimane fa - 2 Mesi 3 Settimane fa #31 da roberto.rossi
Risposta da roberto.rossi al topic TOTO TRACCE ATTUALITA - sessione 141, aprile 2025
LA CONDANNA DI MARINE LE PEN, CHE LA ESCLUDE DALLE PRESIDENZIALI 2027

Riporto qui l'unione di due servizi del telegiornale de La 7, nel giorno in cui è stata pronunciata la sentenza di condanna di Marine Le Pen. Le informazioni sono più che sufficienti per rispondere a un'eventuale traccia sull'argomento. Ovviamente andranno aggiornate con gli eventuali sviluppi da qui a fine mese.

Colpevole, dichiara la Presidente del Tribunale di Parigi, che ne sancisce anche l’ineleggibilità per 5 anni con esecuzione immediata, oltre a quattro anni di prigione, di cui due da scontare con il braccialetto elettronico e una multa di 100mila euro. Un vero e proprio shock per la leader del Rassemblement National, pronta a candidarsi con buone possibilità di successo alle elezioni presidenziali del 2027, dove a questo punto appare proiettato il delfino Jordan Bardella, per il quale oggi a essere ingiustamente condannata non è solo Marine Le Pen ma l’intera democrazia francese.
Marine Le Pen si è indebitamente appropriata di 474mila euro di fondi pubblici per stipendiare i quattro assistenti parlamentari. Condannati per ricettazione anche 8 eurodeputati eletti sotto la bandiera del Front National, divenuto poi Rassemblement National, e 12 assistenti parlamentari. Il danno complessivo ammonta a 2,9 milioni di euro, in quanto il Parlamento Europeo si è fatto carico di persone che in realtà lavoravano per il partito dell’estrema destra francese in Francia.
Vestita di blu a fianco del suo ex compagno e vicepresidente del partito, Louis Aliot, anch’egli condannato, Marine Le Pen è stata seduta in prima fila fino all’annuncio della sentenza di colpevolezza, ma prima della lunghissima lettura del dispositivo da parte della giudice ha lasciato l’aula, visibilmente esasperata, come hanno raccontato i giornalisti presenti, per raggiungere il quartier generale del partito nel sedicesimo arrondissement. Il verdetto è del resto pesantissimo e segna in modo indelebile una lunghissima carriera politica, che puntava dritto all’Eliseo, quel sogno irrealizzato del capostipite fondatore del Front National, Jean-Marie Le Pen, da cui la figlia aveva a tempo debito preso le distanze proprio per allargare l’area di consenso, e morto lo scorso gennaio a 96 anni.
La sentenza contro Marine Le Pen scatena, e non poteva essere altrimenti, le reazioni di molti leader europei, da quelli più influenti dell’internazionale sovranista fino al Cremlino. Non sorprende così che la prima dichiarazione a caldo arrivi proprio da Mosca per mezzo del portavoce di Putin, Dmitri Peskov, che ha dichiarato: “La condanna all’ineleggibilità di Marine Le Pen rappresenta una chiara violazione delle norme democratiche ed è la dimostrazione di come queste vengano violate in Europa”.
Una posizione pienamente in linea con quella che arriva da Washington, da quello che più di tutti ha puntato sull’alleanza con i sovranisti europei come grimaldello per scardinare Bruxelles, Elon Musk, che ora su X attacca quella che definisce la sinistra radicale, che se non può vincere democraticamente abusa del sistema legale per incarcerare i suoi rivali. Je suis Marine, scrive sempre su X il premier ungherese Viktor Orbán. I membri di Fidesz, il partito di Orbán, sono raccolti, al Parlamento Europeo, nello stesso gruppo di Rassemblement National, quello dei Patrioti, che esprime il pieno sostegno a Le Pen.
Dei Patrioti fa parte anche la Lega di Matteo Salvini, il quale, sempre sul social media di proprietà di Musk, esprime pensieri sostanzialmente coincidenti con quelli del padrone di Tesla, scrivendo in francese che coloro che temono il giudizio degli elettori cercano spesso di rassicurarsi con quello dei tribunali, per poi parlare di dichiarazione di guerra da parte di Bruxelles.
Una narrazione che rientra perfettamente nel quadro di quello che J.D. Vance disse in occasione della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco: in quella sede, il vicepresidente statunitense aveva parlato di ritirata della libertà di pensiero in Europa, citando esplicitamente l’annullamento del primo turno delle elezioni presidenziali in Romania, che avevano visto prevalere dal nulla il candidato filorusso Călin Georgescu, qualche settimana fa arrestato con pesanti capi di imputazione.
In testa ai sondaggi, però, in vista della replica delle presidenziali, c’è un altro candidato di estrema destra, che in quell’occasione era arrivato quarto e che, in vista del voto di maggio, aveva dato il suo appoggio a Georgescu, salvo poi subentrare a lui come candidato dopo il suo arresto. Si tratta di George Simion, il cui partito fa parte del gruppo dei Conservatori Europei.
Intanto Le Pen ha reso noto che intende ricorrere alla Corte costituzionale francese e alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la sentenza emessa dal tribunale di Parigi, giunta a seguito di un procedimento che ha definito sommario e che le crea un danno irreparabile. L’appello dovrebbe chiudersi entro il 2026 e quindi in tempo per una sua eventuale candidatura alle presidenziali.
Aggiornato al 2 aprile 2025.

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ALTRI SPUNTI DI RIFLESSIONE. TRATTI DALLA TRASMISSIONE OMNIBUS DI LA7
NB. non sono scritti bene perché sono trascrizioni di dibattiti avvenuti a voce!

IL CONTRAPPASSO
Le Pen è una leader politica che aveva fatto della questione morale un volano per ottenere un consenso molto vasto. Nel 2004 aveva fatto una campagna su "Mani pulite, testa alta", uno slogan con cui sosteneva l’ineleggibilità a vita e fin dal primo grado di giudizio per i politici accusati di pressoché qualsiasi delitto commesso nell'esercizio delle proprie funzioni, in particolare la malversazione. Quindi una posizione giustizialista, come tante altre in Europa, di cui oggi rimane vittima lei stessa.

Così ha costruito la base del suo consenso. L’elettorato di Marine Le Pen è un elettorato che ha sposato questa causa e questo tipo di mozioni ed è infatti un elettorato che in parte è arrivato dall’astensione, in parte è a favore di un cambiamento del sistema e dell’élite che considera corrotta. Quindi il problema politico oggi per il Rassemblement National è nel fatto, nel merito. Ciò che è stato deciso dai giudici è la condanna di un sistema di malversazioni che sono molto difficili da presentare al proprio elettorato. Parliamo di fondi europei che dovevano finanziare le attività politiche al Parlamento Europeo e che invece sono stati utilizzati per pagare il maggiordomo del castello di Jean-Marie Le Pen. Dal punto di vista politico l’impressione è quella di un contrappasso. Questo spiega in parte anche perché oggi Marine Le Pen non ha voglia di parlare nel merito ma sta cercando di spostare la questione sulla democrazia, lo stato di diritto.

Lo scenario dell’ineleggibilità non era stato preso in considerazione da Marine Le Pen, quindi questo partito così verticistico e incentrato su una sola figura non ha al momento un piano B. Il piano principale che vogliono proporre è quello di arrivare a un nuovo processo d’appello, ma i tempi sono molto stretti perché in media si parla di 12-18 mesi per l’appello, più il tempo dell’udienza che prende qualche mese e poi il tempo della sentenza che prende altri mesi. Quindi è difficile che si arrivi a una conclusione sei mesi prima delle elezioni presidenziali in Francia per la campagna elettorale. Questo comporta un momento di instabilità particolare che apre alla possibilità di una ricomposizione politica.

CHI PUÒ CANDIDARSI ALLE ELEZIONI DEL 2027?
Se prendiamo i risultati delle presidenziali del 2022, elezioni a suffragio universale, i primi tre arrivati - Macron, Mélenchon e Le Pen - hanno totalizzato più o meno il 70% dei voti. La cosa straordinaria è che oggi non siamo sicuri che nessuno di questi tre possa presentarsi. Macron non potrà. Le Pen difficilmente potrà. Mélenchon potrà presentarsi, ma non è così evidente che ce la farà. Quindi quel 70% di elettorato è senza casa. Questo spariglia totalmente il gioco e non fa l’interesse di Marine Le Pen.

L’unione delle destre che esiste in Italia e in altri paesi non si è potuta fare in Francia, perché c’era il marchio di Marine Le Pen. La sua condanna potrebbe essere l’occasione, come pensa una buona parte del centro-destra e della destra, per risolvere questo problema e andare oltre. È contro questo che Marine Le Pen sta lottando, portando oggi il discorso a un livello così ampio, così alto, parlando di rischio per la democrazia francese.

TRUMP E I SISTEMI DI CONTROLLO IMPOSTI DALLA DEMOCRAZIA
Il tema della lotta alla corruzione è inerente a tutti i discorsi sovranisti e populisti, specialmente di destra. Trump ha paragonato la condanna di Marine Le Pen alla persecuzione ai suoi danni. Ricordiamo che Trump ha annullato tutte le condanne per i golpisti del 6 gennaio 2021 e ora sta parlando di un’ulteriore asticella da superare, che è quella del terzo mandato.

L'INELEGGIBILITÀ PER 5 ANNI
In primo grado è stata applicata, oltre alla condanna al carcere, anche la pena dell'ineleggibilità per 5 anni, che poteva essere invece rimandata alla seconda fase, quella dell'appello, che sarebbe sicuramente seguito.

Questa scelta è un tema su cui riflettere. È stata una valutazione del giudice, che poteva fare oppure no. La legge consente di farlo, ma ha alimentato le tensioni nei confronti della magistratura. In passato una condanna simile era stata emessa nei confronti di Bayrou, ma il suo partito non è stato toccato. Condannato nel 2020 alla vigilia delle elezioni in cui era il favorito, ma il leader non è stato coinvolto: hanno toccato soltanto i politici coinvolti nel Parlamento Europeo. Anche qui si può parlare di differenza tra le due condanne. (VERIFICARE!)

In ogni caso ci sono prove forti, un tribunale composto da tre giudici è arrivato a sentenza dopo lunghe indagini, e si può immaginare che abbiano deciso di applicare subito l’ineleggibilità per evitare che la cosa fosse senza conseguenze. Non è comparabile ciò che sta succedendo in Francia con quello che è successo negli Stati Uniti quando il presidente ha mandato una folla di scalmanati a Capitol Hill.

COSA SUCCEDERÀ IN FRANCIA?
Jordan Bardella potrebbe essere automaticamente il successore nel Rassemblement National. Alcuni commentatori però dicono che, per quanto lui abbia ottenuto un buon risultato, la presidenza della Repubblica è un’altra cosa e non tutti gli elettori potrebbero volerlo.

È possibile che in Francia ci sarà un gran rimescolamento perché probabilmente, siccome sarà difficile che si arrivi all’appello in tempo, a destra ci saranno grandi movimenti: Bardella ma anche Sylvie Retailleau, ministro di estrema destra degli ultimi governi Macron, cercherà di prendere quello spazio. Non è detto che l’eliminazione del clan di Le Pen dall’estrema destra non rimetta in questione il voto, perché il voto al Rassemblement National è molto ideologico.

Ci sarà Marion Maréchal che cercherà di dire che è lei l’erede di Jean-Marie Le Pen. E ci sarà probabilmente anche un rimescolamento dall’altra parte, perché la candidatura di Mélenchon, molto osteggiata dai socialisti e da Glucksmann, sarebbe stata inevitabile con Le Pen candidata alle elezioni. Ora è tutto aperto. Qualcuno dice che questa condanna potrebbe far cadere il governo.

LA GIUSTIZIA A OROLOGERIA
Ancora una volta si parla di “giustizia a orologeria” e di ingerenza della magistratura nella politica. L’indagine è stata molto lunga e il reato c’è, ma la sentenza arriva ora. Vedi anche cosa è successo in Romania, dove un voto popolare è stato disconosciuto attraverso un meccanismo giudiziario.
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2 Mesi 3 Settimane fa - 2 Mesi 1 Giorno fa #34 da roberto.rossi
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IL GIUBILEO 2025, UN ANNO SANTO TRA SPERANZA, SFIDE E UN VUOTO INATTESO

Il Giubileo 2025 è iniziato sotto il segno di una speranza collettiva, con lo slogan "Pellegrini di speranza" che invitava fedeli e visitatori a un cammino di rinnovamento spirituale. Tuttavia, poco dopo l’apertura della Porta Santa, un’ombra si è allungata sull’evento: per settimane, durante il lungo ricovero al Policlinico Gemelli, era cresciuto il timore silenzioso che la salute di Papa Francesco potesse non reggere. Timore che si è concretizzato il 21 aprile 2025, alle 7.35 del mattino, quando il Pontefice è morto, lasciando la Chiesa e il Giubileo senza la sua guida.

Le esequie di Papa Francesco si sono svolte sabato 26 aprile in Piazza San Pietro, radunando fedeli e autorità da ogni angolo del pianeta. In attesa del Conclave, fissato per la prima settimana di maggio, la Curia assicura la prosecuzione delle celebrazioni giubilari, affidate a cardinali e al governo provvisorio. Ma sono ancora i messaggi di Francesco — i suoi appelli alla pace e alla misericordia, l’apertura della Porta Santa a Rebibbia, le apparizioni a sorpresa tra i fedeli, in sedie a rotelle, durante il Giubileo degli ammalati e il giorno di Pasqua — a guidare ancora oggi il percorso dei “Pellegrini di speranza”, un motto che l’assenza di Papa Francesco trasforma in un richiamo a resistere alle difficoltà anche in assenza di una guida. In questo contesto di vuoto istituzionale i pellegrini arrivano a Roma sospesi tra il dolore per la perdita e il desiderio di continuare il cammino di fede inaugurato dal loro pastore. Il nuovo Papa erediterà non solo la stola pontificia, ma anche l’urgenza di un Giubileo che, seppure segnato dal lutto, vuole dimostrare la resilienza e la continuità della fede cattolica.

Mentre i fedeli raccolgono l’eredità spirituale di Papa Francesco, Roma prova a restituire un senso di continuità attraverso il suo volto rinnovato: un tessuto urbano che si rimodella per accogliere al meglio i visitatori. Nell’ultimo anno la città di Roma è stata oggetto di un'imponente opera di riqualificazione che ha coinvolto diversi aspetti, dal restauro dei suoi luoghi più simbolici al potenziamento delle infrastrutture urbane. Con un investimento complessivo di oltre 2 miliardi di euro, i lavori hanno già portato al completamento di interventi significativi come il restauro di piazza Pia, piazza San Giovanni, il boulevard di via Ottaviano e la Fontana di Trevi. Altri importanti cantieri, tra cui quelli della Metro C e delle Vele di Calatrava, sono ancora in corso, con l'amministrazione comunale che assicura che quest'ultima sarà pronta in tempo per il Giubileo della Gioventù, previsto dal 28 luglio al 3 agosto. Tuttavia, alcuni progetti sono stati cancellati, tra cui la ricostruzione del muro di cinta di Villa Sciarra e il restauro del monumento ai Caduti francesi a Villa Pamphili, a causa di contenziosi legali e difficoltà economiche.

Uno dei primi e più simbolici momenti del Giubileo è stata l'inaugurazione della nuova piazza Pia, avvenuta il 23 dicembre 2024, che ha trasformato quest'area in una zona pedonale moderna, con nuovi sistemi di illuminazione, pavimentazione rinnovata e spazi verdi. Grazie alla rimozione di due collettori fognari e a una serie di scavi archeologici, sono emersi reperti di grande valore storico, tra cui una lavanderia romana e il Portico di Caligola, che saranno presto esposti nei Giardini di Castel Sant'Angelo. Questi lavori, che hanno coinvolto 110 operai su tre turni, hanno dimostrato l'impegno della capitale nella realizzazione di spazi più funzionali e fruibili per cittadini e turisti.

L'impatto del Giubileo non si limita però alla sola riqualificazione architettonica. La città sta anche adottando nuove tecnologie per garantire una maggiore efficienza nell'accoglienza e nella gestione del flusso dei visitatori. L'intelligenza artificiale, ad esempio, viene utilizzata per ottimizzare la gestione del traffico e la sicurezza nelle aree più frequentate, mentre sensori e telecamere intelligenti monitorano in tempo reale i flussi di persone. I droni sorvolano costantemente le zone di maggiore affluenza, fornendo supporto alle forze dell'ordine e garantendo una gestione più precisa della sicurezza pubblica. Tuttavia, questi sviluppi sollevano anche interrogativi sulla protezione della privacy e sull'uso dei dati raccolti. Un’altra applicazione tecnologica rilevante è il modello digitale della Basilica di San Pietro, che permette ai visitatori di esplorare virtualmente luoghi normalmente inaccessibili, scoprendo dettagli architettonici e artistici grazie a droni e fotocamere ad alta risoluzione. Inoltre, l'estensione della rete 5G nelle stazioni della metropolitana, in particolare sulla linea A e successivamente su tutte le linee, garantirà ai pendolari e ai turisti una connettività migliore, migliorando l'esperienza di viaggio nella capitale. Tuttavia, mentre queste innovazioni promettono di rendere la città più moderna e accessibile, sollevano anche interrogativi sul loro impatto a lungo termine. La sfida per Roma sarà quella di integrare queste trasformazioni in modo che, una volta concluso il Giubileo, possano rimanere un’eredità concreta e duratura per la città, evitando che queste opere e tecnologie si trasformino in progetti senza futuro. Le riflessioni sulla sostenibilità di queste trasformazioni si fanno dunque sempre più urgenti, in una città che continua a confrontarsi con le sfide della modernizzazione e della tutela della sua storia.

Il Giubileo 2025 avrà un impatto economico significativo sulla capitale e sull’intero Paese. Con oltre 2 miliardi di euro di investimenti, l’evento promette ricadute economiche per oltre 5 miliardi, grazie all’afflusso di 30-35 milioni di pellegrini e turisti. Questo flusso massiccio di visitatori coinvolgerà vari settori chiave come il turismo, la ristorazione, il commercio e i trasporti. Il settore alberghiero è già pronto ad accogliere un numero crescente di ospiti, ma l’aumento delle tariffe, soprattutto nelle zone centrali, e il rincaro dei costi di vita rischiano di pesare sui residenti. Anche il sistema dei trasporti, già sollecitato dai numerosi cantieri, è chiamato a rispondere a una domanda senza precedenti: le compagnie aeree e ferroviarie stanno potenziando le tratte per Roma, mentre il trasporto pubblico cittadino dovrà affrontare la sfida di mantenere l’efficienza nonostante le difficoltà logistiche create dai cantieri in corso. Dal punto di vista occupazionale, il Giubileo sta creando nuove opportunità lavorative, principalmente nei settori della logistica, della sicurezza e della ristorazione. Tuttavia, la maggior parte di queste posizioni sarà a tempo determinato, con retribuzioni che spesso non rispondono completamente alle aspettative, sollevando interrogativi sul reale impatto a lungo termine dell’evento sull’economia romana. In questo scenario, l’ambizione di un’eredità economica strutturale per la città rimane ancora un punto di domanda.

Il Giubileo 2025, sia nella fase di preparazione che durante il suo svolgimento, ha sollevato opinioni contrastanti tra i romani, fra chi ne attende con ottimismo gli effetti economici e chi invece lamenta i disagi quotidiani causati dai cantieri. Da un lato commercianti e albergatori, che vedono nell’afflusso di visitatori un’opportunità economica, con proiezioni di un aumento significativo dei fatturati e una boccata d’ossigeno per l’ospitalità, dall’altro molti cittadini esasperati dai disagi causati dai numerosi cantieri, che complicano gli spostamenti quotidiani, con un traffico sempre più congestionato e tempi di percorrenza sensibilmente più lunghi. Un’altra fonte di preoccupazione riguarda la gestione dei fondi pubblici: diverse associazioni hanno denunciato la mancanza di trasparenza negli appalti e il rischio di inefficienze che potrebbero portare al mancato completamento di alcune opere nei tempi previsti o alla realizzazione di interventi di scarsa qualità. Il ricordo delle criticità emerse durante il Giubileo del 2000 – quando vari progetti furono consegnati in ritardo o presentarono problemi strutturali a pochi anni dall’apertura – alimenta il timore che molte delle nuove infrastrutture possano trasformarsi in «cattedrali nel deserto» una volta spenti i riflettori sul Giubileo. Infine, l’afflusso di milioni di pellegrini e turisti solleva interrogativi sull’aumento del costo della vita: si teme un rialzo dei prezzi per affitti brevi, cibo e servizi, con un impatto diretto sulle famiglie romane che già faticano a far fronte alle spese quotidiane.

Il programma del Giubileo 2025 include oltre cento appuntamenti, dedicati a categorie diverse di fedeli: a gennaio il Giubileo dei Giornalisti ha offerto un’occasione di riflessione sul ruolo dell’informazione nella diffusione dei valori cristiani; a marzo il Giubileo dei Volontari ha coinvolto migliaia di persone impegnate nel sociale; e all’inizio di aprile, il 5 e 6 aprile, il Giubileo degli Ammalati ha regalato uno dei momenti più intensi dell’anno: appena dimesso dal Policlinico Gemelli, Papa Francesco è apparso in sedia a rotelle tra i fedeli ammalati, malato tra gli ammalati, in una scena carica di emozione e di empatia. Uno degli eventi più attesi rimane poi il Giubileo dei Giovani, che si terrà a Tor Vergata dal 28 luglio al 3 agosto 2025, rievocando la Giornata Mondiale della Gioventù del 2000. Tuttavia, non tutto procede senza tensioni: la cancellazione dell’evento dedicato alla comunità LGBT+ ha scatenato un acceso dibattito: inizialmente programmato per settembre, è stato soppresso all’ultimo momento. L’organizzazione Tenda di Gionata ha denunciato una totale mancanza di comunicazione e trasparenza da parte della Santa Sede, mentre il Vaticano ha motivato la scelta con problemi organizzativi, lasciando però aperta la possibilità di un reintegro in calendario.

Nel cuore di un Anno Santo segnato da una perdita profonda e da una transizione ancora incerta, il Giubileo 2025 procede sospeso tra memoria e futuro. Mentre Roma affronta la sfida di accogliere milioni di pellegrini tra trasformazioni urbane e nuove tecnologie, la Chiesa si ritrova orfana di una guida che aveva fatto del dialogo, dell’inclusione e della misericordia le sue direttrici fondamentali. L’assenza di Papa Francesco ha impresso un carattere unico a questo Giubileo: non solo occasione di festa e rinascita spirituale, ma anche momento di riflessione sulle fragilità di un’istituzione chiamata a rinnovarsi nel solco del suo messaggio più autentico. Il nuovo pontefice sarà chiamato a raccogliere un’eredità impegnativa, dando risposte a istanze sempre più complesse: il proseguimento del cammino giubilare, la credibilità della Chiesa nel mondo contemporaneo, le questioni sociali rimaste irrisolte. La vera sfida, ora, sarà trasformare questa fase di incertezza in un’opportunità di rinnovamento profondo, in grado di tenere insieme tradizione e cambiamento, fede e ascolto del tempo presente.


Aggiornato al 24 aprile 2025
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2 Mesi 23 Ore fa #39 da roberto.rossi
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LA CHIESA SALUTA PAPA FRANCESCO. L’ADDIO DEL PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO

RESOCONTO DEGLI ULTIMI GIORNI DEL PAPA

Bergoglio non è mai stato un paziente facile. Prima dell’ultimo ricovero ha fatto di tutto pur di non andare in ospedale. Il 9 febbraio, nella domenica del Giubileo delle Forze Armate, era rimasto seduto all’aperto in piazza San Pietro per più di due ore. Quattro giorni dopo, nell’udienza generale del mercoledì, visibilmente provato e affaticato, aveva interrotto quasi subito la lettura, chiedendo che venisse fatta da qualcun altro per lui. Sono episodi dopo i quali i medici riescono finalmente a convincerlo e il 14 febbraio entra al Gemelli per effettuare accertamenti diagnostici e proseguire le cure per una bronchite. Nei giorni successivi gli esami certificano una polmonite bilaterale polimicrobica. Il Papa ha bisogno di ossigeno ad alti flussi e di trasfusioni, a causa di un calo delle piastrine.

Francesco ha sempre voluto che venisse detta la verità sulle sue condizioni di salute, e ad una settimana dal ricovero i medici che lo hanno in cura fanno il punto della situazione senza omissioni. Spiegano che il Papa non è in pericolo di vita, ma c’è il rischio che l’infezione si diffonda ad altri organi. Una sepsi in un paziente fragile e della sua età sarebbe molto pericolosa. La prognosi resta riservata. Sono ore cruciali per capire se le terapie fanno effetto, in un quadro che rimane complesso. Il Papa è vigile, continua ad alimentarsi, ma è sempre più sofferente e la situazione non migliora. Fino al giorno più difficile, in cui Francesco ha un broncospasmo e si rende necessaria la ventilazione meccanica non invasiva.

Voci e insinuazioni sulle sue reali condizioni di salute e su eventuali dimissioni si rincorrono. Per metterle a tacere, il 6 marzo, durante la recita del Rosario che ogni sera si tiene a piazza San Pietro per pregare per la sua guarigione, viene trasmesso un suo audio: “Ringrazio di tutto cuore per le vostre preghiere”. I giorni passano, la prognosi rimane riservata, ma Francesco inizia lentamente a migliorare. Ad un mese dal ricovero la Sala Stampa vaticana diffonde per la prima volta una sua foto, che fa il giro del mondo: di spalle, sulla sedia a rotelle. I bollettini si diradano, fino al 22 marzo, quando i medici annunciano le dimissioni con precise indicazioni: proseguire parzialmente le terapie farmacologiche e osservare un periodo di riposo in convalescenza di almeno due mesi. Il giorno dopo il Papa finalmente può rivedere i fedeli da un terrazzo del Gemelli, poco prima di lasciare l’ospedale.

L’ANNUNCIO DELLA MORTE

“Con profondo dolore devo annunciare la morte del nostro santo padre Francesco. Alle ore 7.35 di questa mattina il vescovo di Roma Francesco è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta in terra è stata dedicata al servizio del Signore e della sua Chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio e amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri ed emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio, uno e trino.”

CERTIFICATO DI MORTE

“Certifico che Francesco, Jorge Mario Bergoglio, è deceduto alle 7.35 del giorno 21 nel suo appartamento presso la Domus Santa Marta, per ictus cerebrale, coma, collasso cardio-respiratorio irreversibile.”

COSA SUCCEDE DA QUI A QUANDO SARÀ SCELTO IL SUCCESSORE?

Papa Francesco l’aveva ribadito spesso: desiderava che il suo addio terreno avvenisse — parole sue — "con dignità ma come un cristiano, pastore e discepolo di Cristo, e non come un potente del mondo". Nonostante questo la cerimonia per i funerali del Papa tenutasi lo scorso 26 aprile, seppur sfrondata di alcuni riti che per secoli in Vaticano hanno caratterizzato le cerimonie di commiato e le esequie di un pontefice, è stata un evento fastoso, che ha visto la partecipazione di 170 delegazioni da tutto il mondo. Lo scorso anno Francesco aveva fatto riscrivere il codice sul cerimoniale delle esequie del Sommo Pontefice, apportando modifiche a tutte e tre le stazioni classiche in cui è suddiviso il percorso che lo ha portato alla tumulazione: quella nella casa del defunto, la stazione nella basilica vaticana e quella conclusiva nel luogo della sepoltura. La novità più importante riguarda però il luogo di sepoltura, che secondo sua espressa richiesta non è stata la basilica di San Pietro, ma quella di Santa Maria Maggiore, fuori dal Vaticano, amatissima da Papa Bergoglio.

Dopo la constatazione ufficiale della morte il cardinale camerlengo Kevin Farrell ha proceduto alla rottura dell’anello del pescatore, segno dell’inizio della sede vacante e dell’apertura della fase di interregno.
Va ricordato che vent’anni fa Giovanni Paolo II chiese di non distruggere il suo anello, ma di inviarlo all’arcivescovo di Cracovia, perché fosse conservato nella chiesa dei Carmelitani Scalzi di Wadowice, sua città natale. Anche Benedetto XVI, dopo la rinuncia, scelse una forma più simbolica: fece incidere l’anello con uno scalpello, in una pratica chiamata “rigatura”, per renderlo inutilizzabile.

La salma del pontefice è stata vestita con i paramenti sacri e deposta nella bara, prima del trasferimento nella basilica per l’esposizione ai fedeli: tre giorni, a partire dal 23 aprile, in cui per volontà di Papa Francesco il corpo non sarà collocato su un catafalco, ma rimarrà nella bara. È stato cancellato anche il rito tradizionale della deposizione e chiusura della bara di cipresso in una seconda bara di piombo e una terza di rovere o altro legno.

Dopo la morte del papa sono stati fissati i dettagli e le date che porteranno all’apertura del conclave per eleggere il nuovo vescovo di Roma, che si terrà nella Cappella Sistina. L’elezione del nuovo papa avverrà attraverso il conclave, riunione plenaria dei cardinali elettori, in cui quelli che non hanno ancora compiuto 80 anni voteranno in regime di clausura. Il termine conclave deriva infatti dal latino “cum clavis”, cioè (chiuso) a chiave. L’ingresso in conclave è preceduto da due congregazioni dei cardinali: una generale, a cui partecipa l’intero sacro collegio (tutti i cardinali) e una particolare, formata dal camerlengo e da tre cardinali, uno per ciascun ordine cardinalizio (vescovi, presbiteri e diaconi), sorteggiati fra tutti gli aventi diritto al voto. Nel conclave per scegliere il successore di papa fRancesco entreranno 135 cardinali. Papa Bergoglio ha creato 163 cardinali, di cui 133 elettori, 20 dei quali a dicembre 2024. Dei 135 elettori che entreranno in conclave, quelli da lui nominati sono 108. Non si tratta tuttavia di un gruppo omogeneo: tra chi ha ricevuto la porpora da Francesco c’è chi la pensa agli antipodi, ad esempio su temi etici quali l’omosessualità, e persino suoi fieri oppositori come il tedesco Mueller. A questi 108 si aggiungono 22 cardinali creati da Benedetto XVI e soltanto 5 da Woytila. Di certo sarà un conclave meno eurocentrico e meno a tradizione italiana e occidentale, con uno sguardo attento alle periferie e alle chiese di frontiera. In conclave, 53 saranno i cardinali provenienti dall’Europa (19 dall’Italia), 16 dall’America del Nord, 4 da quella Centrale, 17 dall’America del Sud, 23 dall’Asia, 18 dall’Africa, 4 dall’Oceania.

Per eleggere il papa serve la maggioranza qualificata, cioè i due terzi dei voti. dopo la 34esima votazione si passa al ballottaggio fra i due cardinali più votati nell’ultimo scrutinio, sempre con una maggioranza dei due terzi. Dopo ogni scrutinio si bruciano le schede; ne deriva, attraverso l’applicazione di alcune sostanze, il fumo scuro o chiaro (le proverbiali fumate nera o bianca) che annuncia l’esito negativo o positivo delle votazioni.

TESTAMENTO (datato 29 giugno 2022, quasi 3 anni fa)

“Sentendo che si avvicina il tramonto della vita terrena, e con viva speranza nella vita eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura.
La mia vita e il mio ministero sacerdotale ed episcopale li ho sempre affidati alla Madre del nostro Signore, Maria Santissima, per cui chiedo che le mie spoglie mortali riposino, aspettando il giorno della resurrezione, nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.
Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario mariano, dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni viaggio apostolico, per affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarla per la docile e materna cura.
Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale della Cappella Paolina e della Cappella Sforza della suddetta Basilica Papale. Il sepolcro deve essere nella terra, semplice, senza particolare decoro e con un’unica iscrizione: Franciscus.
La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’ho offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli”.

MOMENTI SIMBOLICI DI DIVERSI PAPI

Per ogni pontificato c’è almeno un momento simbolico, un frammento di storia che resta nella memoria collettiva. Per Giovanni XXIII fu il celebre Discorso della Luna, pronunciato la sera dell’11 ottobre 1962, davanti a una folla commossa in piazza San Pietro, al termine della giornata inaugurale del Concilio Vaticano II. Paolo VI, invece, toccò il cuore del Paese con l’appello alle Brigate Rosse durante il sequestro di Aldo Moro, il 22 aprile 1978, implorando i rapitori di restituirlo alla sua famiglia “sano e salvo”. Giovanni Paolo I, nel brevissimo ma intensissimo mese del suo pontificato nel 1978, lasciò impresso nella memoria dei fedeli un’idea rivoluzionaria di Dio con parole semplici e affettuose: “Dio è padre, ma ancora di più è madre.” Giovanni Paolo II, appena eletto il 16 ottobre 1978, si presentò al mondo con un sorriso timido e la frase: “Mi hanno preso da un Paese lontano... se sbaglio, mi correggerete”, conquistando immediatamente milioni di cuori. Benedetto XVI, nel settembre del 2006, durante la lectio magistralis all’Università di Ratisbona, rifletté sul rapporto tra fede e ragione, sottolineando che Dio “non si compiace del sangue” e “non agisce contro la ragione”, in un discorso che suscitò dibattiti globali.

Per Papa Francesco, il momento più iconico resta probabilmente il 27 marzo 2020, nel pieno della pandemia da Covid-19. In una piazza San Pietro deserta e silenziosa, battuta dalla pioggia, Bergoglio parlò al mondo intero durante una preghiera straordinaria, trasmessa in diretta in ogni angolo del pianeta. “Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città. Si sono impadronite delle nostre vie riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio. Si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca. Tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari. Tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. Tutti.”

IL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO

Voleva essere un pastore, vicino fino all’ultimo al suo gregge, e così è stato. Malgrado tutto, al di sopra di tutto e delle sue stesse forze fisiche. “Vivrò la Pasqua come posso”, aveva detto, e lo ha fatto. La voce flebile come un soffio ha consegnato al mondo le sue ultime parole. Bergoglio ha voluto ricordarci che, davanti alla crudeltà dei conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole, ospedali e operatori sanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone, con un’anima e una dignità.

In dodici anni di pontificato è stato il Papa dell’abbraccio, del sorriso, dell’accoglienza, della speranza per gli emarginati, per i migranti, per i più deboli, per i dimenticati. Lo ha fatto fin dai primi giorni, quando il 13 marzo del 2013, dalla loggia vaticana, si presentò al mondo come un Papa dal nome Francesco, il primo nella storia a scegliere il nome del poverello d’Assisi. “Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo”. E negli anni ha continuato a stupire. Non solo per questo. Non solo perché è stato il primo Papa sudamericano o il primo gesuita. Al collo una croce d’argento, invece della preziosa in oro portata dai suoi predecessori. Ai piedi, scarpe nere. Scarpe per camminare tra la gente.

Ha attraversato il mondo e la sua storia, piegando ogni protocollo per far arrivare ovunque la sua voce. L’8 luglio del 2013, nel primo viaggio del suo pontificato, scelse Lampedusa per parlare della globalizzazione dell’indifferenza. Ha guidato la Chiesa in anni martoriati da due guerre, in Ucraina e in Medio Oriente, promuovendo azioni e appelli — purtroppo spesso inascoltati — e chiedendo alla comunità internazionale di avere l’audacia della pace. Si è scagliato contro il capitalismo sfrenato, si è battuto per una Chiesa povera, per la difesa dell’ambiente, contro lo sfruttamento del lavoro, della terra, degli umili. Un Papa amato ma anche osteggiato, per il suo programma di riforme tese a costruire una Chiesa povera, aperta a tutti, anche agli omosessuali e ai divorziati.

Ha traghettato il Vaticano in anni difficili, segnati da scandali e processi. E poi il dolore, l’emergenza del Covid. Con le chiese chiuse ha chiesto di aprire i cuori, ancora una volta, alla speranza. La sera del 27 marzo 2020, solo nel buio di San Pietro, sul sagrato bagnato di pioggia e dolore per le tante vittime del contagio, si inginocchiò in preghiera per chiedere la fine della pandemia. Evento eccezionale, come eccezionale è stata la storia del suo regno, in coabitazione con il Papa emerito. Due talari bianche, una accanto all’altra per quasi dieci anni: quella del gesuita argentino e quella del teologo tedesco. Diversi come storie e radici, vicini ma divisi dalle rispettive cerchie e tifoserie. È una delle icone di questo pontificato, come l’immagine del 24 dicembre, quando lo abbiamo visto nella sua umanissima fragilità aprire e varcare, seduto sulla sedia a rotelle, la porta bronzea di San Pietro. Da solo, primo pellegrino dell’Anno Santo, nell’immensità della basilica.

Lo abbiamo sentito difendere la vita in tutte le sue forme, i giovani, la pace, il ruolo delle donne, nei discorsi come nelle encicliche. La Laudato si’ del 2015 già raccontava come i cambiamenti climatici, le guerre e le migrazioni siano fenomeni legati tra loro e per questo vadano affrontati con un’ottica globale. Oppure Fratelli tutti, che già nel titolo indicava la strada da scegliere per costruire un mondo basato sull’accoglienza, sul dialogo, sulla tenerezza, sulla fraternità. Molte cose della vita ce le ha raccontate lui stesso nelle interviste e nelle autobiografie: le radici piemontesi, l’emigrazione del nonno salpato dal porto di Genova per cercare fortuna in America, l’infanzia, l’adolescenza, gli entusiasmi e i turbamenti della giovinezza, poi la scelta vocazionale. Libri come Spera o Life rivelano tutta una vita con le sue fragilità, intrecciandola con i grandi eventi mondiali. Una storia che non è soltanto quella intima e personale, ma anche quella dell’umanità e del pontificato.

“Spes non confundit”, la speranza non confonde, ha ripetuto negli anni del suo vigore fisico come negli inverni dei ricoveri e negli ultimi giorni della sua vita. “La speranza non delude” è il titolo che ha voluto dare al Giubileo del 2025.

NEMICI ALL’INTERNO DELLA CHIESA

Un pontificato pieno di difficoltà, sempre affrontato con coraggio. Papa Francesco non è mai apparso incerto, nemmeno quando ha dovuto gestire scandali, tensioni, tradimenti e delusioni. Al contrario, ha scelto spesso di condividere pubblicamente i suoi stati d’animo in quelle circostanze. Il momento più buio in questi dodici anni è descritto nella sua autobiografia Spera, pubblicata a gennaio 2025. Si tratta della vicenda della compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra: dieci imputati, incluso il cardinale Angelo Becciu, ex sostituto della Segreteria di Stato della Santa Sede, che — pur ostentando la sua vicinanza al Papa — è stato condannato in primo grado a cinque anni e mezzo di carcere, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici vaticani e alla confisca di oltre 200 milioni di euro in solido con i coimputati.

“È stato doloroso, davvero una brutta pagina, ma ho sentito sempre che dovevo andare avanti e senza coprire niente. Ho dovuto prendere decisioni non facili, ma la verità non va mai nascosta, l’opacità è sempre la scelta peggiore”, aveva dichiarato Bergoglio.

Anche la lotta alla pedofilia e agli abusi sessuali è stata affrontata da Francesco con decisione, facendone una delle sue priorità fin da subito. Nel settembre 2014 autorizzò l’arresto in Vaticano dell’ex arcivescovo polacco Józef Wesolowski, accusato di atti di pedofilia commessi a Santo Domingo — dove era stato nunzio apostolico — e di detenzione e ricettazione di materiale pedopornografico. Fu il primo cittadino a essere processato in Vaticano per tali reati, ma morì d’infarto alla vigilia del processo, che si sarebbe svolto davanti a una giuria composta da tre laici: una delle riforme rivoluzionarie introdotte da Bergoglio, che con un motu proprio aveva abolito ogni forma di immunità. Da quel momento anche vescovi e cardinali accusati di reati penali, se rinviati a giudizio dai magistrati vaticani, devono essere processati dal Tribunale, come tutti gli altri cittadini, e non più da una corte presieduta da un cardinale, com’era in passato.

Queste e altre riforme — dalla riorganizzazione della Curia ai tentativi di portare trasparenza nello IOR e nelle finanze vaticane — inizialmente hanno provocato scosse, poi perplessità e infine hanno generato un’opposizione interna e una resistenza passiva nella Curia e in parte del Collegio cardinalizio. Blog, siti e testate tradizionaliste, sostenute in particolare dall’ala cattolica conservatrice degli Stati Uniti, hanno reso evidenti i tentativi di delegittimazione.

Quando Papa Francesco, con l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, aprì alla possibilità della comunione ai divorziati risposati, quattro cardinali lo accusarono pubblicamente di eresia. A puntare il dito contro di lui, però, non furono solo i conservatori: anche alcuni progressisti del Nord Europa lo criticarono, delusi dalla mancanza di un’accelerazione sul sacerdozio femminile o sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.

STORIA DI BERGOGLIO

Era stato arcivescovo di Buenos Aires, di cui conosceva poco i palazzi, meglio le sacche della povertà, dei quartieri fatti di cartone. Da giovane sacerdote gesuita era stato applicato al liceo di Santa Fe, insegnava letteratura, tutta la grande letteratura in lingua spagnola, si spostava in tram, e come tutti i porteni aveva una squadra del cuore. Era loco per la squadra minore della città, il San Lorenzo, detti i Corvi, perché fondato dai sacerdoti in un oratorio. A Maradona Francesco perdonò tutto e, incontrandolo, chiese di vedere la mano del Dio del calcio con cui aveva segnato all’Inghilterra.

Lasciò l’Argentina il 4 marzo 2013 per il conclave, per non tornarci più. Non c’erano buoni rapporti con la famiglia dei peronisti. Imbarazzi con Macrì per la legalizzazione delle nozze gay e tutta la lontananza con l’attuale presidente Javier Milei, che aveva definito Bergoglio un demonio. Ma i due si sono incontrati a Roma l’anno scorso, a febbraio. Milei aveva fatto marcia indietro e oggi ha dichiarato 8 giorni di lutto nazionale, tra i primi ad annunciare il suo viaggio in Vaticano per il funerale.

L’ipotesi di un viaggio c’era stata, prima nel 2024, poi nel 2025, ma covava la delusione perché l’Argentina aveva approvato la legge sull’aborto e quella sulle unioni civili, e c’erano stati anche scandali nella sua diocesi dopo il suo mandato.

Nella cattedrale di Buenos Aires si è tenuta la messa in suffragio, affollata di cittadini della capitale, che si dicono orfani. Nell’omelia è stato ricordato come il francescano di riferimento per gli ultimi e per i più poveri.

REAZIONI DEL MONDO ALLA SUA MORTE

Bandiere a stelle e strisce a mezz’asta fino al giorno della sepoltura. Così gli Stati Uniti di Donald Trump, che certo con il pontefice scomparso non aveva affinità elettive, decidono di ricordare Papa Francesco. Il presidente pronuncia poche parole asciutte: “È stato un uomo buono, ha lavorato duramente, ha amato il mondo”. Compunto, anche il discorso di Vladimir Putin, che ha offerto le sue condoglianze ai cattolici, affermando che Papa Francesco aveva una “molto positiva attitudine verso la Russia”. Il patriarca della Chiesa ortodossa russa, uomo molto vicino al Cremlino, si è associato al cordoglio.

Ricordano Papa Bergoglio anche sull’altro fronte della guerra. Per Volodymyr Zelensky, Francesco ha pregato per la pace in Ucraina e per gli ucraini. “Piangiamo insieme ai cattolici e a tutti i cristiani la sua morte”. Per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, Papa Francesco ha ispirato milioni di persone, ben oltre la Chiesa cattolica. Gli omaggi alla figura di un Papa così aperto al mondo arrivano anche dai leader di altre religioni, dal Dalai Lama al Grande Imam di Al-Azhar, la moschea del Cairo.

Arrivano anche dalle aree più tormentate del pianeta, sempre presenti nel magistero di Bergoglio. Tra i primi messaggi c’è quello del ministro degli Esteri iraniano: “Chiediamo a Dio la sua pace e comunichiamo il nostro cordoglio a tutti i cristiani e ai seguaci delle religioni celesti nel mondo”. Il presidente israeliano ha ricordato Francesco come un uomo di “immensa fede e misericordia”, che ha lavorato per la pace in un’epoca complessa e turbolenta. Anche l'Autorità Nazionale Palestinese ha parlato della perdita di un “amico fedele”, che aveva riconosciuto lo Stato di Palestina, un sentimento condiviso anche da un dirigente di Hamas.

Ma il ricordo più affettuoso è arrivato da Gaza, dalla terra martoriata per la quale Francesco ha pregato fino all’ultimo giorno. Con la Messa nella parrocchia della Sacra Famiglia, con cui si collegava immancabilmente tutte le sere.

REAZIONI ITALIANE ALLA SUA MORTE

“Accanto al dolore per la morte di Papa Francesco, avverto un senso di vuoto. Un vuoto che nasce dalla privazione di un punto di riferimento a cui guardavo." Un messaggio particolarmente commosso quello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ricompare in video per omaggiare Papa Francesco. "Uomo di speranza convinta contro ogni difficoltà", afferma il capo dello Stato, sottolineando come il Papa avesse trasmesso questo messaggio anche nei giorni della sua malattia, offrendo un esempio per tutti i sofferenti. Mattarella aggiunge anche che, con il suo ultimo giro in Piazza San Pietro, Francesco ha voluto dare un ultimo saluto al mondo. La risposta a questo saluto, secondo il presidente, non deve limitarsi al ricordo e alla riconoscenza, ma deve tradursi in responsabilità, nel far proprie nei comportamenti quotidiani le indicazioni dei suoi insegnamenti.

Molto commosso anche il messaggio di Giorgia Meloni. “Tutto il mondo ricorderà Francesco per essere il Papa della gente, il Papa degli ultimi. Mancherà anche a me. Avevamo uno straordinario rapporto personale. Era un pontefice con cui si poteva parlare di tutto”, dice la premier, che un anno fa aveva voluto Papa Bergoglio al G7 di Borgo Ignazia, la prima volta di un pontefice al tavolo dei grandi della Terra. Bandiere a mezz’asta anche nei palazzi della politica. Mercoledì 23 aprile, la Camera dei deputati ospiterà una commemorazione di Papa Francesco. Lo stesso giorno, il question time in Senato con la presidente Meloni slitterà. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ricorda la visita a sorpresa del Papa a Palazzo Madama nel settembre 2023, alla camera ardente allestita per l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Molti leader politici sottolineano l’impegno per la pace di Papa Francesco. “Per me era un uomo di grande spessore che ha sempre combattuto per la pace e la fine di tutte le guerre nel mondo”, afferma Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia. “Le sue ostinate parole di pace, dialogo e solidarietà a tutti i costi sono e resteranno una guida per tutti noi”, scrive sui social il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte. Per la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, Bergoglio è stato il Papa del dialogo, della pace, della speranza, sempre dedito agli ultimi, ai più emarginati, ai più poveri. “Il suo messaggio di pace e fraternità resterà fortissimo”. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana sottolinea che Papa Francesco non ha mai ceduto alla retorica dei muri e ha raccontato la ricchezza dell’accoglienza dei migranti con grande coraggio.

Un ricordo particolare arriva da Emma Bonino, la storica leader radicale, che pochi mesi fa, dopo una degenza in ospedale, ricevette la visita a sorpresa del Papa.
Aggiornato al 24 aprile 2025

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